Considerazioni del GdL FNOVI in merito all’impiego dei medicinali veterinari (art. 111) negli emendamenti del Parlamento UE in tema di farmaco veterinario

Settima parte
03/05/2016
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L’art. 111 così come riproposto dagli emendamenti è cruciale per la professione medico veterinaria in quanto delinea i principi, non solo terapeutici e di tutela della salute pubblica ma anche di scelte allevatoriali, su cui si deve basare l’utilizzo del medicinale.
Tutto l’articolato investe il veterinario della responsabilità, questa volta sancita per legge, di guardare alle prassi zootecniche come strumento della riduzione dell’uso del medicinale. “I medicinali veterinari sono utilizzati in modo responsabile conformemente al principio delle buone prassi zootecniche e ai termini dell'autorizzazione all'immissione in commercio o della registrazione qualora non sia richiesta un'autorizzazione all'immissione in commercio“.
Pur essendo condivisibile il principio di richiamare le buone pratiche zootecniche, la genericità dell’affermazione e la moltitudine di specie e tipologie di allevamento esistenti si prestano ad interpretazioni diverse. Diventano di fondamentale importanza i manuali di BP riconosciuti a lanciare le basi del confronto.

All’enunciazione generale del comma 1. segue il dettaglio in riferimento all’uso di antimicrobici.
I medicinali veterinari antimicrobici non sono impiegati in nessun caso per migliorare il rendimento o per compensare cattive prassi zootecniche. È proibito l'uso profilattico di routine degli antimicrobici. L'uso profilattico dei medicinali veterinari antimicrobici è autorizzato solo su singoli animali e ove pienamente giustificato da un veterinario in casi eccezionali, dei quali l'Agenzia redigerà un elenco”.
Oltre alla profilassi anche la metafilassi viene regolamentata con rigide indicazioni legislative, prevedendo che “L'impiego a scopo metafilattico di medicinali veterinari antimicrobici è limitato al trattamento degli animali clinicamente malati e dei singoli animali che presentano un elevato rischio di contagio, onde prevenire l'ulteriore diffusione della malattia nel gruppo”.
Ma, dato ancor più importante, la metafilassi, per come viene intesa dal Parlamento, non può assolutamente prescindere dell’esistenza e dal riconoscimento istituzionale della figura del Veterinario aziendale dato che la metafilassi dovrà essere subordinata a valutazioni che solo un medico veterinario che conosca l’azienda può dare, accollandosi la responsabilità di consigliarle e garantirle, ossia “Ove tali prodotti siano usati per la metafilassi non di routine, i proprietari e i detentori di animali destinati alla produzione alimentare assicurano di disporre di un piano sanitario che specifichi idonee misure non mediche atte a ridurre la necessità di ricorrere all´uso a scopo metafilattico in futuro. In aggiunta, essi sono tenuti a rispettare le seguenti misure: utilizzo di animali riproduttori di qualità e in buona salute, caratterizzati da un'adeguata diversità genetica,  condizioni che rispettino le esigenze comportamentali della specie, comprese le interazioni/gerarchie sociali, densità di allevamento che non aumentino il rischio di trasmissione delle malattie, isolamento dei capi malati e allontanamento dal resto del gruppo”.
Appare tuttavia evidente come tali dispositivi, nonostante la professionalità veterinaria, mal si adattino a quelle che sono attualmente condizioni allevatoriali tutt’altro che sporadiche e che l’Europa non ha deciso di bandire dal suo sistema produttivo, come dimostrato da molte delle condizioni di benessere ammesse dalle normative europee che nulla hanno a che vedere con le richiamate “condizioni che rispettino le esigenze comportamentali della specie, comprese le interazioni/gerarchie sociali”. Al Medico veterinario invece si chiede di farsi portatore di una soluzione e  di una pretesa, nelle proposte e nei controlli, che mal si conciliano con l’industria zootecnica, particolarmente di alcune specie allevate sulle quali peraltro dettaglia ulteriormente l’emendamento, all’articolo 11, laddove recita: “….isolamento dei capi malati e allontanamento dal resto del gruppo , (per polli e animali più piccoli) separazione degli animali in gruppi più piccoli e fisicamente separati, attuazione delle norme vigenti in materia di benessere degli animali già previste nell'ambito della condizionalità, a norma del regolamento orizzontale 1306/2013 sulla politica agricola comune,…)”.
Se la convinzione che molto si “possa” fare per migliorare in tema di controllo dell’uso di AM, e che molto si “debba” fare nel nostro paese per non vedere le nostre produzioni tipiche tagliate fuori dai mercati internazionali, è evidente come date le condizioni di allevamento in cui spesso a stabilire le linee genetiche sono i consorzi dei produttori,  in cui  molti allevatori dovranno investire in strutture e managment, forte somme di denaro in un momento di forte crisi, in cui è tutta da inventare e fare la formazione professionale e manageriale non solo degli operatori ma anche dei professionisti per la stesura di manuali e per la loro applicazione, è altrettanto forte la convinzione che se l’Italia non riuscirà a fare sistema con una filiera decisionale, programmatica ed economica, non sarà puntando il dito sul veterinario, controllato o controllore che sia, posto nella strettoia di una clessidra in cui gli innumerevoli dettami normativi prodotti cercano il passaggio per trasformarsi in azioni allevatoriali virtuose sul territorio che il problema della AMR si risolverà.

Fonte: 
Ufficio stampa FNOVI
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