Il genere come determinante di salute per garantire equità e appropriatezza della cura

Il genere come determinante di salute per garantire equità e appropriatezza della cura

Il 22 aprile 2016, giorno della nascita del Premio Nobel Rita Levi Montalcini, è stata organizzata a Roma la PRIMA GIORNATA NAZIONALE SULLA SALUTE DELLA DONNA, a cui la dott.ssa Natalia Sanna ha presenziato quale rappresentante FNOVI. I lavori hanno avuto inizio con il saluto del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, per poi concludersi, alla fine della mattinata, con la presentazione del 26° quaderno del Ministero della Salute sulla “Medicina di genere”, dei lavori dei tavoli tematici e del Manifesto per la salute femminile.
Sono stati organizzati dieci tavoli tecnici: sulla violenza ed il diritto alla salute negato alle donne migranti; sulla prevenzione dei tumori femminili e screening; sulla sessualità, femminilità e salute materna; sulla salute mentale della donna; sui disturbi del comportamento alimentare e dipendenza; sulla cosmesi medica estetica inclusa la protesica; su donne, lavoro e salute; sulla medicina di genere e ricerca per le donne; sull’health ageing al femminile; sulla comunicazione alle donne, per se e come health driver familiare.
La prospettiva di vita per le donne è aumentata nel XX secolo in maniera significante, giungendo ad oltre 84 anni (4,6 anni in più degli uomini), pur aumentando con l’avanzare dell’età le malattie croniche, quali il diabete, le malattie respiratorie e cardiovascolari croniche. La giusta attenzione deve essere data all’alimentazione: ad esempio il consumo di frutta e verdura si può ritenere adeguato nell’11% delle donne (7,7 negli uomini), mentre il 23,5% di loro è in sovrappeso ed il 9,5% obeso. Le malattie cardiovascolari ischemiche sono la prima causa di morte nella donna, anche se fino a poco tempo fa venivano considerate una prerogativa maschile. Tra le malattie croniche i tumori sono responsabili di circa il 25 % delle morti nella popolazione femminile, tra cui la più frequente neoplasia è il tumore alla mammella con oltre 54.00 nuovi casi all’anno. Pur essendoci stato un forte miglioramento della prognosi favorevole nell’85% dei casi a 5 anni, ancor oggi sono troppi i fattori di rischio: fuma il 23 % delle donne, si fa poca attività fisica (il 34% delle donne è sedentario) e soprattutto l’accesso agli screening non è adeguato. Solo il 73% delle donne tra 50 e 59 anni ed il 68% di quelle tra 60 e 69 anni ha eseguito uno screening mammografico e solo il 72% delle donne tra 25 e 34 anni ha eseguito uno screening per la neoplasia della cervice uterina.
Questi sono i grandi problemi da prevenire, oltre che da affrontare e gestire quando ormai insorti, per una società non solo più longeva , ma attiva ed in salute anche in tarda età. Dopo un parto o in menopausa, la donna può risentirne anche sotto l’aspetto dell’equilibrio psichico: l’8% circa delle donne soffre di disturbi depressivi nel corso della vita, quasi il doppio degli uomini (4,6%). Inoltre le donne sono più a rischio degli uomini (circa il doppio) di ammalarsi di patologie neurodegenerative come la Demenza di Alzheimer, di cui a 65 anni vi è un’ incidenza del 17 % (9% nei maschi) che aumenta man mano con gli anni.
Le donne lavoratrici sono in aumento con circa tre milioni in più rispetto a 35 anni fa, mentre la percentuale della popolazione femminile in età lavorativa si è ridotta dal 66 al 64%. Il dato più significativo è che meno di una donna su due è occupata (in Svezia e Danimarca il tasso di occupazione femminile supera il 70 %). Importanti fattori ne influenzano l’ingresso e l’uscita dal mondo del lavoro, a cominciare dalla gravidanza per la quale il 18,4% delle donne lascia o perde il lavoro, esistendo ancor’oggi difficoltà a conciliare la famiglia con i tempi di lavoro ed essendo ancora predominante il ruolo della donna nelle cure parentali e familiari (si pensi solo all’allattamento prolungato oltre i mesi di astensione obbligatoria).
Un altro fenomeno sociale ma impattante sulla salute è lo sfruttamento femminile, con ripercussioni sulla salute, più evidente ma non esclusivo delle donne non comunitarie.
In Italia si consumano ogni anno cosmetici per un valore di circa 9,7 miliardi di euro, di cui il 76 % è destinato alle donne e nel 2014 secondo l’AICPE sono stati eseguiti in Italia un milione di interventi di chirurgia e medicina a fini estetici, il 6,2 % in più rispetto all’anno precedente. Lo 0,5 % circa dei trattamenti riguarda i minorenni. Si tratta di un fenomeno che ha una forte componente di costume,sociale e culturale, ma che va governata sul piano sanitario e nel quale la conoscenza e l’etica professionale costituiscono elementi essenziali per scelte ponderate e scientificamente corrette.
Oggi le più giovani per il 91% ricorre al web per avere informazioni sull’alimentazione (72% delle ragazze di 15 anni, il 18 % dei maschi), l’alcool e le droghe, la qualità e le malattie trasmissibili sessualmente ed oltre il 70 % è iscritto a Facebook o usa YouTube, a cui si affianca la TV che è seguita dalla quasi totalità della popolazione. E’ evidente come i media rivestano un ruolo fondamentale nell’informazione e sensibilizzazione della popolazione per la prevenzione e la cura della salute; la necessità è che le informazioni veicolate siano corrette, aggiornate e validate da esperti.
La prospettiva di genere, come suggerita nel 1995 dalla IV Conferenza mondiale sulle donne, va inserita in ogni scelta politica, particolarmente in materia di salute fisica e mentale, partendo dalla constatazione che la ricerca medica era basata prevalentemente sugli uomini, mentre le differenze biologiche e socio-culturali tra uomini e donne influenzano l’incidenza delle malattie, la presentazione clinica e gli effetti delle terapie. Dello stesso avviso è anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, con riferimento alle politiche sanitarie europee di questo decennio, indicando il genere come elemento importante per la promozione della salute, finalizzato a sviluppare approcci terapeutici diversificati per le donne e per gli uomini . Pertanto è necessario prevedere anche un’attività scientifica e di ricerca con un’ottica di genere, iniziative di prevenzione correlate a fattori di rischio genere-specifici , percorsi di diagnosi e cura definiti e orientati al genere.