Split payment professionisti: obbligo confermato dalla "manovrina" pubblicata in Gazzetta Ufficiale

Split payment professionisti: obbligo confermato dalla "manovrina" pubblicata in Gazzetta Ufficiale

La "manovrina", il decreto varato dal Governo per aggiustare i conti pubblici in seguito alle richieste di Bruxelles, è approdata in Gazzetta Ufficiale come il decreto legge 50 del 2017 e conferma l'ampliamento del meccanismo dello split payment ai professionisti, a partire dal 1° luglio 2017. Nel pacchetto di misure, trovano spazio anche una rimodulazione dell'aumento dell'Iva.
Split payment esteso ai professionisti
Il meccanismo dello split payment viene esteso ai professionisti e si applica quando il committente è una pubblica amministrazione. In particolare, a partire dal 1° luglio, l'Iva addebitata in fattura non sarà più pagata al professionista, ma sarà la stessa pubblica amministrazione a versarla direttamente nelle casse dell'Erario.
Dunque la pubblica amministrazione paga al fornitore la fattura al netto dell'Iva, mentre la quota relativa all'Imposta sul valore aggiunto viene versata direttamente dalla pubblica amministrazione nelle casse del fisco, senza transitare nelle tasche del fornitore.
Gli enti pubblici coinvolti
Lo split payment si applica ai fornitori di precise categorie di enti pubblici, indicate all'articolo 17ter del DPR 26 ottobre 1972, n. 633. Si tratta dello «Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell'articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza».
Con la "manovrina", il meccanismo di scissione del pagamento dell'Iva è stato allargato anche ad una fascia più estesa di committenti, includendo tutte le amministrazioni, gli enti ed i soggetti inclusi nel conto consolidato della Pa, le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, di diritto o di fatto, le società controllate di diritto direttamente dagli enti pubblici territoriali, le società quotate inserite nell'indice FTSE MIB della Borsa italiana.
Rivisto l'aumento dell'Iva
La "manovrina" va a rimodulare l'aumento dell'Iva (aliquota ordinaria e agevolata) previsto per i prossimi anni. Il decreto appena pubblicato, in particolare, va ad agire sulle cosiddette clausole di salvaguardia, che prevedono un aumento delle imposte qualora non si riuscissero a centrare gli obiettivi di finanza stabiliti. Di anno in anno, con le leggi di Stabilità e con l'ultima legge di Bilancio, le clausole sono state riviste e l'aumento delle imposte rimandato. Intanto, però, la "manovrina" fissa incrementi già a partire dal 2018.
Secondo la rimodulazione, l'aliquota agevolata salirebbe all'11,5 per cento nel 2018, per poi passare al 12 per cento nel 2019 e al 13 per cento nel 2020. Per l'aliquota del 22 per cento è previsto un incremento di 3 punti percentuali nel 2018. Nel 2019 è atteso un ulteriore aumento dal 25 al 25,4 per cento. Nel 2020 l'aliquota dovrebbe scendere al 24,9 per cento, per poi passare nuovamente al 25 per cento nel 2021.
Molti quindi i temi su cui i parlamentari si potranno esercitare a stretto giro, nei 60 giorni di tempo per l'approvazione definitiva, in vista di quello che si preannuncia come un assalto alla diligenza.