Equo compenso: la meta sembra più vicina

Equo compenso: la meta sembra più vicina

Dopo il via libera della commissione Giustizia di Palazzo Madama, e l’approvazione nell’aula del Senato dello scorso 21 marzo, all’unanimità e per alzata di mano, sembra avvicinarsi sempre più il lieto fine per l’accidentato percorso legislativo dell’Atto del Senato 495, contenente la nuova disciplina sull’equo compenso per i professionisti.
Il riconoscimento della piena dignità economica alle prestazioni professionali sembra ormai a portata di mano e presto sarà definitivamente introdotto l'obbligo di una giusta remunerazione per i servizi svolti dai liberi professionisti, e sarà disposto che i cosiddetti contraenti forti (e cioè pubblica amministrazione, imprese bancarie e assicurative -e loro controllate e mandatarie-, nonché le aziende con più di 50 dipendenti, o con un fatturato di oltre 10 milioni di euro) dovranno corrispondere compensi equi. Si auspica, inoltre, un ampliamento dei soggetti obbligati.
Verranno quindi considerati nulli eventuali accordi al di sotto di una soglia predeterminata e stessa sorte ci sarà per le clausole o pattuizioni che riconoscano al committente vantaggi sproporzionati.
Un comparto importantissimo per il nostro Paese sta quindi per ricevere una risposta normativa attesa da troppo tempo: questa norma porrà un freno alle trattative al ribasso.
Chi come me frequenta le assise ordinistiche da qualche tempo non può dimenticare i numerosi interventi di cui si è resa protagonista FNOVI che sempre, e con tutti i possibili interlocutori in argomento, ha ribadito di ritenere inaccettabile la procedura dell’affidamento di incarichi pubblici relativi all’esercizio di una attività medico veterinaria secondo il criterio del ‘maggior ribasso’. Per i vertici della Federazione questa scelta non poneva attenzione sulla straordinaria differenza che corre tra una prestazione intellettuale e l’erogazione di un qualsiasi altro servizio (per esempio di lavanderia o giardinaggio).
Per FNOVI non doveva perdersi di vista che i servizi erogati dai professionisti sono prestazioni d’opera intellettuale che non possono essere sottoposte sic et simpliciter alle leggi del mercato e della concorrenza.
I liberi professionisti sono uno dei pilastri cardine per la crescita del settore economico e sociale, nonché un inesauribile motore di ingegno e idee capaci di contribuire allo sviluppo di tutta la nostra economia. La norma in itinere dona nuovamente un peso e una voce a un comparto economico troppo spesso trascurato in passato: una leva di sviluppo nazionale e, specialmente, locale dei territori che finalmente potrà rialzare la testa.
I professionisti sono pronti a fare fronte comune sulla riforma delle regole che garantiscono loro il diritto a una parcella giusta, perché l’effettivo gioco della concorrenza nel mercato interno non si attua esclusivamente sulla base del prezzo della prestazione, ma, in via principale, trova i suoi elementi di impulso nella qualità, quantità, nella specialità e nelle caratteristiche dell’incarico. In tal senso e partendo da questa diversa prospettiva, l’equità del compenso può divenire essa stessa non più un limite, ma una garanzia di quella libertà ed indipendenza del professionista che assicura (e non sfavorisce) il gioco della concorrenza, anche in presenza di un valore economico posto a presidio del decoro della retribuzione ed opponibile a tutti i contraenti – e non solo a quelli cosiddetti ‘forti’.
Ora il testo tornerà alla Camera in terza lettura per la modifica all'articolo 7 che rimandava a un articolo del Codice di procedura civile abrogato con l'entrata in vigore della riforma Cartabia.