La comunicazione è il presupposto del cambiamento?

A cura di Daniela Mulas
06/10/2023
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Comunicare è un lavoro che richiede un ingente investimento di risorse, a fronte di risultati che possono essere esigui o di breve durata. A volte entrambe le cose. 
Costruire un testo richiede alcune ore di studio, scrittura e rifinitura; per leggerlo sono sufficienti pochi minuti, a volte secondi; diventa obsoleto in poche ore e viene dimenticato in pochi giorni, soprattutto in questi anni di comunicazione diffusa e veloce.

Eppure, va fatto.
Qualcuno sostiene che comunicare, oggi, è come cercare di svuotare con un secchio una barca bucata: sembra inutile; la barca è sempre piena d’acqua e non vai da nessuna parte, ma se smetti di farlo, affondi.
Ogni lancio comunicativo è una scommessa: si può studiare bene il calcolo delle probabilità e cercare di giocare le puntate più sicure, ma non c’è modo di assicurare la vincita.
È una logica lontanissima da quella scientifica, dei protocolli che garantiscono un risultato misurato eriproducibile (quella logica in cui si muove, tra gli altri, la medicina veterinaria).

Partendo da queste premesse,  arriviamo al punto.
La comunicazione della Fnovi è diretta su più fronti e a diversi interlocutori: Ordini, iscritti, Istituzioni, cittadini.
Il lavoro preziosissimo di supporto agli Ordini non genera certamente materia prima comunicativa.
Tale lavoro è di interesse nullo per il pubblico generale, ancora meno per i media.  Ma va fatto. Poi ci sono i cittadini  e le Istituzioni.
Quello che può interessare il cittadino e le Istituzioni può essere l’opinione di FNOVI, in quanto ente di rappresentanza di una categoria professionale, sulle vicende di attualità che interessano la categoria: Peste suina africana, Listeriosi, protezione degli animali ecc.

Ma questi argomenti interessano la stampa generalista?

Tutti gli aspetti legati alla sicurezza alimentare sono poco visibili: l’unico nome che affiora alla memora delcomune cittadino quando si tocca l’argomento è “NAS”; ovviamente legato ad azioni eclatanti cherichiamano la relativa copertura mediatica.
Al limite “ASL”, se chiude qualche ristorante (ma “all’ASL lavorano i medici”, nella percezione comune).
Il fatto che un esercito di medici veterinari lavori perché i NAS non debbano spiegare le sirene, non fa notizia (e questa è una regola della comunicazione giornalistica): non fanno notizia nemmeno gli psichiatri che bilanciano le terapie; fanno notizie “i matti” che superano i limiti e fanno chiedere “ma gli psichiatri non lo potevano prevedere?”. 
Cercare di cambiare la percezione del proprio ruolo e, contemporaneamente, aumentare la visibilità è un lavoro difficile, forse impossibile. 
Chi lavora per comunicare prende parte attiva a una strategia culturale e svolge un complesso e delicato lavoro che andrà sedimentandosi nel tempo per portare i suoi frutti. 

Noi continuiamo a coltivare nella convinzione che l’obiettivo seppur difficile debba essere comunque perseguito.

FNOVI!
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