Chi si ricorda di One Health?

15/03/2024
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L’editoriale del Lancet dello scorso 4 marzo commenta il trattato sulla gestione delle pandemie che l’Intergovernmental Negotiating Body (INB) dell’OMS sta finalizzando. 
Il titolo è eloquente: Il Trattato sulle pandemie: deplorevole e iniquo.

Creare e sottoscrivere una serie di condizioni forti e veramente eque per l'accesso e la condivisione dei benefici non è un atto di gentilezza o di carità. È un atto di scienza, di sicurezza e di interesse generale. C'è ancora tempo per correggere questo errore di valutazione.
Persino gli anemici impegni dell'accordo sono in pericolo. Un monitoraggio indipendente per verificare se i Paesi stiano rispettando i loro impegni è essenziale per l'efficacia e la longevità del trattato.

Eppure, come hanno sottolineato Nina Schwalbe e colleghi nel loro lavoro “Il nuovo trattato sulle pandemie: Siamo in mani più sicure? Probabilmente no” tutti gli indizi suggeriscono che i meccanismi di governance e di responsabilità del trattato del trattato siano ulteriormente compromessi.
Non esistono obblighi chiari ed attuabili per la prevenzione di epidemie di zoonosi, per l'attuazione dei principi di One Health, per il rafforzamento dei sistemi sanitari o per contrastare la disinformazione.
I capi di Stato e l'INB potrebbero non considerare la governance delle pandemie come una priorità, ma è fondamentale per il successo di qualsiasi accordo.

Le due parole One Health sono pronunciate e scritte ovunque ma alla prova dei fatti rischiano di rimanere parole vuote, utilizzate a sproposito o, peggio, per far apparire scintillanti scelte di decisori poco trasparenti.
 

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