Equo compenso: dal Tar Lazio la risposta ai dubbi interpretativi sollevati dall’Anac

La legge 49/2023 non è in contrasto con i principi concorrenziali del diritto europeo
A cura di Daniela Mulas
16/05/2024
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L'Autorità Nazionale Anti Corruzione (Anac) aveva sollecitato una interpretazione della legge, con particolare riguardo ai servizi professionali resi alle Pubbliche Amministrazioni nel settore dei contratti pubblici. La tesi dell'Autorità era che i giovani professionisti sarebbero più tutelati dall'assenza di tariffe.

La recente sentenza del Tar Lazio (n. 8580 del 30 aprile), pronunciandosi sullo spinoso argomento dell'equo compenso difeso dalla legge 49 del 2023 si è invece espressa a favore della sua applicabilità al settore degli appalti pubblici.
Secondo il Tar Lazio – la cui sentenza è perfettamente in linea con la precedente sempre in argomento del Tar Veneto (n. 632 del 03/04/2024) - l'applicazione agli appalti della legge sull'equo compenso non va contro i principi eurorunitari, né comporta lo scardinamento di un ipotetico principio che vieterebbe l'introduzione dei minimi tariffari. Ha, invece, un duplice obiettivo: protegge il professionista imponendo che venga adeguatamente remunerato per le prestazioni rese e contribuisce ad evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere alla Pa.

La prospettata incompatibilità tra la legge sull'equo compenso e il codice dei contratti pubblici è - secondo il Tar - smentita dalla legge stessa, la 49 del 2023, che prevede esplicitamente la sua applicazione alle prestazioni rese in favore della Pubblica Amministrazione, senza esclusioni.
Smantellata anche l'ipotesi di incompatibilità della legge sull'equo compenso con il diritto eurounitario e più nel dettaglio con il principio della concorrenza. Il Tar Lazio confuta tale tesi riportando quanto già affermato nella già citata sentenza del Tar Veneto e aggiunge che la legge sull'equo compenso non collide con le disposizioni del codice dei contratti pubblici volte ad assicurare il confronto competitivo tra gli operatori.
E, nemmeno si potrebbe dire che l'applicazione della legge sull'equo compenso ai servizi professionali andrebbe a scalfire l'ipotetico divieto di introdurre tariffe minime. Il Tar ricorda la sentenza 4 luglio 2019 (causa C-377/17) della Corte di giustizia dell'Unione europea, la quale - viene sottolineato nella pronuncia – riconosce «in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale».
Non vi è dubbio secondo i giudici amministrativi che la legge sull'equo compenso si applichi agli appalti, perché è scritto nero su bianco al comma 3 dell'articolo 2, che afferma che tale legge si applica alle «prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione».

FNOVI plaude a questa sentenza che sancisce un altro stop ai continui tentativi di delegittimare una legge nata per tutelare i liberi professionisti e ritiene che la sentenza del Tar Lazio sia la risposta migliore alla richiesta di un intervento interpretativo richiesto dall’Anac per consentire una corretta e uniforme applicazione dell’equo compenso a tutela di tutti i professionisti, soprattutto i più giovani.

FNOVI!
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